Scuola Nazionale di Scialpinismo e Snowboard Alpinismo

7 – Dal 2003 al 2010

di Gian Maria Grassi

Ci sono date che per alcuni significano poco o nulla e per altri significano se non molto tutto.

La mia data è il 26/12/1993.

Una valanga si stacca dalle pendici del Col Perdu in Francia nei pressi di Cervieres Briançon. Su 4 sci alpinisti torinesi 3 vengono travolti e uccisi uno solo si salverà. Era il “gruppo” con il quale normalmente io andavo a fare le mie gite. Quel giorno, il 26 dicembre, per un caso fortunato non ero presente causa influenza. Sarà una tragedia che ha segnato e segnerà per sempre il mio andare per i monti.

Fino a quella data andavo con questo gruppo a fare uscite praticamente tutti i fine settimana e quando non facevo sci alpinismo c’erano le discese in neve fresca, c’erano le cascate, c’era l’arrampicata, le nord, le goulotte, il fare tutte le cento più belle salite del Bianco… etc etc…

Avevo iniziato appena quindicenne a fare corsi nel Gruppo Giovanile del CAI (in quel gruppo c’erano personaggi come il compianto Mario Perona, Anna Torretta, Paolo Aghemo, Patrizio Pogliano…). Ma la mia grande passione era, ed è ancora, sciare e lo sci alpinismo in particolare.

Su insistenza di mio papà controvoglia avevo frequentato la SUCAI e dopo un’uscita l’avevo lasciata trovandola non adatta a quelle che erano le mie esigenze: tritare il più possibile metri di dislivello e andare il più possibile in montagna. L’unica uscita da me fatta nella mia prima esperienza sucaina fu il colle Platasse. Ero poco interessato a conoscenze di sicurezza o tecniche.

Nei primi giorni del gennaio 1994, pochi giorni dopo l’incidente, ricevetti la telefonata del fraterno amico Riccardo Brunati, già all’epoca una delle colonne portanti della Sucai. Riccardo era a conoscenza della vicenda della valanga e insistette perché io andassi di nuovo in Sucai. “ ..sennò – disse – smetterai di fare sci alpinismo…”. Riccardo già allora si dimostrò nei miei confronti oltre che un caro e sincero amico un uomo con doti e sensibilità uniche. Mantenne un discreto riserbo sulla vicenda e io feci la mia prima gita della mia nuova esperienza in Sucai alla Rocca Bianca sopra Crissolo. Il mio istruttore quella giornata era Mario Schipani. Non potrò mai ringraziare abbastanza Mario per i momenti di quel giorno e per la sua attenzione nei miei confronti.

La gita successiva ero aggregato al SA2 in apertura nella traversata da Limonetto a Vernante. In quella giornata conobbi alcuni di quelli che poi sono diventati alcuni tra i miei più cari amici: Roberto Mazzola, Saverio Ghiotti, Andrea Fornelli, Eugenio Cavallero, Paolo Gai, e la mia cara Maria Cristina Rosazza.

Da lì a breve nacque un meraviglioso legame d’amicizia e nacque anche il gruppo delle “tre galline”, ed in fondo la mia storia in Sucai sono anche le tante amicizie che ho avuto la fortuna di vivere nella scuola.

Una volta le lezioni teoriche si tenevano presso i locali di Via Barbaroux 1 e con questo gruppetto di nuovi amici ci trovavamo già prima per chiacchierare assieme, mettere giù le sedie nella sala e preparare per le lezioni. Rispetto alla mia prima esperienza, ero molto attento a tutto quello che veniva detto e spiegato nelle lezioni teoriche ed ero molto attento e curioso a tutto ciò che veniva detto sulla neve, sulla sicurezza. Confesso che le mie lacune su questi argomenti erano enormi! Tanto avevo maturato negli anni precedenti alla scuola esperienza sul campo tanto poco conoscevo su argomenti teorici. E riuscii ad apprezzarne l’importanza.

Una volta terminata la lezione era normale andare a fare le ore piccole nella vicina birreria Lo Scudiero, oppure se si aveva particolarmente fame si andava alla “piola delle Tre galline” all’epoca ben distante dal locale di moda diventato oggi. In questi momenti si sognava insieme, si pianificavano giri improbabili, salite in luoghi sperduti. Partecipavano con noi Marco Schenoni e Marco Faccenda nonché tutti quelli che volevano venire a farsi due risate parlando di montagna.

In quei momenti mai avrei immaginato di fare l’istruttore né tantomeno di diventare direttore.

Mi interessava continuare ad andare in montagna con nuovi amici. E sono stato davvero fortunato ad incontrarne così tanti sul mio cammino.

Con la sottosezione si organizzarono anche, con l’aiuto di Roberto Mazzola, dei congressi su temi alpinistici, si partecipava alle Haute route estive e su, spinta di Luigi Lombardi e Fedrico Bollarino, si fecero gli “Agone Sucai”

Dopo due anni di corso venni proposto come istruttore sezionale, poi mi venne chiesto di fare il corso da regionale e poi da nazionale senza avere la minima idea a cosa stessi andando incontro. Nell’autunno 1999 divenni nazionale.
Ancor meno avevo consapevolezza di quello che mi poteva attendere quando subentrai a Marco Fax nella direzione della scuola.

La Sucai stava vivendo in quel periodo un cambio generazionale e anche di DNA. Da una conduzione che aveva come pilastri alcune famiglie, che avevano retto e condotto la scuola per anni, stava subentrando un gruppo nuovo di persone. Molti degli istruttori più giovani, fino ad allora presenti in scuola, stavano volgendo, giustamente, lo sguardo alla loro vita personale. Il CAI, da parte sua, stava entrando nel vortice di creare sempre più regolamenti, procedure, protocolli. La Scuola, fino a quel momento un po’ troppo autoreferenziale e poco propensa a confronti con l’esterno, doveva necessariamente aprirsi e ad interagire con altre realtà del mondo CAI. L’uniformità didattica era diventata la parola d’ordine. La mia personale esperienza “montana” maturata prima dell’entrare in Sucai mi aiutò molto nell’essere aperto a recepire queste novità.
In questa fase ebbi la fortuna di avere vicino a me gli istruttori “storici della scuola”, che non finirò mai di ringraziare: Mario Schipani, Pierlorenzo Alvigni, Arnaldo Caroni, Lino Rosso, Mino Castellani, Riccardo Brunati . La loro esperienza e la “conoscenza” della Sucai sono stati, per tutti gli anni della mia direzione, un grosso aiuto e conforto.

Ho subito sentito un forte senso di responsabilità e di profondo rispetto nei confronti di chi, fino a quel momento, aveva portato avanti la storia della SUCAI. Il mio essere sucaino è nato pertanto in modo molto consapevole e non indotto da convezioni famigliari. Non so dire se più o meno radicato rispetto ad altri, ma sicuramente ho provato, e vivo tutt’ora sottopelle, il senso di appartenenza alla scuola.

Ci fu la necessità, in quel momento, di formare e creare un nuovo nucleo di istruttori. Con il supporto degli amici che avevo in direzione pian pianino si iniziò ad avere come obiettivo il fare attività in montagna, finalizzata, anche, ad avere un curriculum adeguato per accedere ai corsi regionali e nazionali.
La richiesta didattica era aumentata e il livello di conoscenza teorica era necessariamente cresciuto molto. Così come le responsabilità.

Ho avuto, in tante circostanze, anche i consigli di Dario Dugono Direttore dell’Uget. I suoi suggerimenti sulla gestione burocratica e il reciproco confronto sono sempre stati per me motivo di grande riconoscenza e gratitudine.

I corsi SA1, SA2 ed SA3 si succedevano regolarmente, seppur con grossi sacrifici personali, che venivano però ricompensati in toto dall’amicizia che si formava tra le persone. Le lezioni teoriche pratiche impegnavano altrettanto quelli che cercavo di coinvolgere nel progetto (spesso forzando la mano). Feci del rigore e del rispetto delle regole un punto fermo. Questo prima di tutto per la mia esperienza personale che mi riportò in Sucai e di conseguenza per la sicurezza delle persone che venivano a frequentare i corsi. Iniziai a “istituire” al sabato la preverifica della gita domenicale. Così pure gli aggiornamenti tecnici sia su roccia che su neve aperti anche a distintivati o allievi.

Nacque anche un corso di Alpinismo all’interno della Scuola. Non inviti all’alpinismo, ma corso! Questo corso mi attirò gli strali dei vertici del CAI Torino e delle altre scuole di alpinismo: tant’è che non mi fu più concesso di svolgerlo.

Mi fa piacere anche ricordare che, in quegli anni, nacque il primo “Corso sperimentale di snowboard alpinismo”. Successivamente, grazie anche a questa esperienza, venne istituzionalizzato a livello nazionale. Fu fondamentale l’aiuto in particolare di Giuseppe Serrao, e poi Enrico Pons e Marco Orecchia, che furono poi i primi a fregiarsi del titolo di istruttori regionali di snowboard alpinismo, e infine di Guico Vergnano.

Non posso non parlare della Capanna Gervasutti: grazie a Mario Skip, Arnaldo Caroni, Mino Castellani mi è sempre apparsa, in quegli anni, come una tappa fondamentale dove andare ogni anno. Era un po’ come tornare a casa. Il pensiero della sua ricostruzione partì durante la mia direzione e in tale idea un po’ balzana, dopo il confronto con Skip, fu coinvolto Luca Gentilcore, che la progettò. Nonostante la scarsa lungimiranza della sezione di Torino e le difficoltà burocratiche, il progetto del bivacco Gervasutti prese tuttavia forma. Si concretizzò poi durante il 60° corso grazie al lavoro di tanti sucaini, che dedicarono tempo ed energie per la realizzazione. Fu Enrico Pons ad avere l’onore di essere il direttore in quella circostanza.

Ho condiviso in Sucai delle vere amicizie vivendo esperienze profonde . Soprattutto al di fuori dei momenti istituzionali dei corsi della scuola. Per la carità, intendiamoci! Con alti e bassi, con ferite e momenti belli, gelosie e ripicche, bugie e forti verità; addii al celibato, matrimoni, battesimi. Storie di vita, insomma. E dimenticavo: anche alcuni amori…

Sicuramente in molti momenti ho dovuto assumere atteggiamenti rigidi che a molti saranno apparsi antipatici o, peggio, arroganti. Infatti le mie urlate riecheggiano ancora in alcune valli…

Ma ho sempre seguito la mia visione di sicurezza, del saper rinunciare e del tornare indietro. Ho sempre pensato, e continuo a pensare, che in montagna sia più importante imparare prima a camminare bene che a correre, e che il raggiungimento di certe ambite vette non debba soddisfare i desideri personali ma debba essere il frutto di un percorso di crescita e di consapevolezza del singolo e del gruppo.

Vorrei, tra le tante salite, ricordare la 4 giorni svolta in Oberland. Il treno svizzero con il vagone riservato (tramite Paolo Bertolino) per la SUCAI, le discese in neve fresca, la perdite di piccozze, le birre e la cena finale. E, ovviamente, le cime raggiunte in Oberland…Fu un momento unico per la mia esperienza sia di istruttore che di montanaro. Qualcosa di irripetibile. Il raggiungimento di quelle montagne significò il termine di un percorso di crescita di un gruppo di amici. Non solo da un punto di vista tecnico ma soprattutto umano.

In quegli anni ebbi pertanto la fortuna di avere un grosso supporto nella direzione della scuola di sinceri amici, che erano anche compagni di cordata.

Saverio Ghiotti: con lui avevo condiviso tantissime salite e mi fidavo più di me stesso per la sua serietà e il suo rigore tecnico. Roberto Mazzola: insostituibile compagno di mille scorribande sulla neve. Andrea Fornelli dalle rare capacità tecniche. Beppe Serrao pilastro del gruppo di snowboard. Mario Ciriolo dalla straordinaria forza fisica e sensibilità. Claudio Fornaca diventato regionale con mille dubbi e adesso consapevole delle sue capacità. Enrico Pons talentuoso e serafico. Fabrizio Sopetto frateno compagno di momenti anche prima della Sucai. In più i cari Luca Cicchelli, Benedetto Bruno, Gianni Sartorio, Marco Orecchia, Guido Vergnano, Julian Jones, Pilu Marchisio, Paolo Bertolino, Massimo Mecca, Ermanno Cossolo, Matteo Rossi, Luca Melindo, Fax, Schen, Maria Cristina Rosazza, Davide Dematteis, Riccardo Brunati, Luca Gentilcore, Michi Filippi e per finire con Flavio Bakovic… Senza dimenticare i distintivati verso i quali seppur con sguardo burbero ed esigente ho sempre nutrito attenzione e considerazione: Danilo Ferrero, Bruno Legger, Paola Bonello..

Ringrazio sinceramente tutti quelli che mi hanno accompagnato i quegli anni. Istruttori, allievi e distintivati. Ognuno di loro mi ha insegnato qualcosa, fatto riflettere su qualcosa. E ognuno mi ha gratificato e onorato con la compagnia, l’amicizia e la condivisione di momenti in montagna.

Con tutti loro però ho condiviso tanti momenti di “montagna”. Le salite alla capanna Gervasutti (con la famosa grigliata d’alta quota), le gite con la sottosezione, le tante gite private e le molte gite con il corso. In più i viaggi: Nepal, Marocco, Patagonia, Norvegia (per i 10 anni del corso SBA).

Grazie alla SUCAI sono anche cresciuto nel CAI diventando, dopo l’esperienza come direttore della SUCAI, direttore delle scuola interregionale LPV e adesso della Scuola Centrale di Sci Alpinismo.

Purtroppo non sono un gran scrittore e sarebbero molte di più le cose che vorrei raccontare. E anche meglio.

Ma gli scrivani ufficiali della storia della Sucai, in quegli anni per me bellissimi, non partecipavano alla vita della scuola e ricomparvero poi molti anni dopo….

Spero comunque, prima o poi, di riuscire a colmare questo “buco nero” storico verificatosi non per la mia volontà.

Qui di seguito le gite svolte esclusivamente con la scuola dal gennaio 2000 fino a quando ho cessato la mia carica di Direttore Sucai nel 2010.

Turge de la Suffie 3024
Schwarzhorn 3108
Costa Serena
testa Dei Frà
Traversata Pratorotondo Saretto
Albaron di Savoia 3627

Monte Estelletta 2316
Bric Rutund 2492
Crete de l’Echaillon 2604
Monte Bellino 2942
Monte Faraut 3046
Col de Clot des Cavales 3159

Bric Castea 1800
Monte Baussetti
Pointe de la Pierre 2653
Crete de la Ponsonniere
Tete de la Frema 3152 traversata
Schina d’Asou
Mont Buet 3099 in tenda
Vallone del Valasco
Traversata Monte Pelve 3350

Rocca Bianca 2379
Monte Balur 1830
Monte Ferra
Cima di collalunga 2608
Bocchetta di Monte Nero 3278
Albaron di Savoia traversata
Pigne d’Arolla
Mont Blanc de Chiellon
Les Rouyes 3680
Bric Mindino 1879
Costa Ciabert 2821
Monte Giulian 2547
Testa Cordella 2620
Pizzo Bandiera 2751
Becca d’Oren
Testa sud di Bresses
Balcone dei Gelas
Breche de la Meije
Pizzo Palù (fermati brutto tempo)
Ciotto mieun
Crete de l’Echaillon
Monte Vaccia 2472
Rocca la Marchisa
Breithorn 3436
Boshorn 3267
Punta Adami 3166
Becca di Gay 3621
Roche Faurio 3730
Traversata Pelvoux 3943
Dome de Glacier arete des lancettes
Alphubel Eisnase
Monviso
Punta la Bianca
Roc de la Niera
Testa di Valnontey tr Pontese/Noasca
Gross Fiescherhorn
Hinter Fiescherhorn
Gross Wannenhorn
Traversata Finsterarhorn hutte/ Hollandia hutte/ Blatten
Corborant
Punta Lamet
Dome des Neiges des Ecrins
Traversata del Pic du Rif
Punta Chalanson
Ulrischorn Traversata Bordier/Sass Fee
Pic Blanc du Galibier
Col de Chaude Maison
Mont Flassin
Punta Laytire
Aiguille de la Berarde
Flassin
Becca di Gay
Crete de la Mome
Bric Mindino
Cima delle Rossette
Pizzo Bandiera
Cima Borgonio
Col d’Arberon
Punta Maria
Becca d’Oren
Eveque
Tete de Valpelline Nacamuli/Zermatt
Porta sestera
Marguareis Canale genovesi salita
canale Torinesi in discesa
Ormelune
Aiguille du Tour Couloir de la Table
Cotolivier
Col Rousset
Crete du Raisin
Arp Vieille
Breithorn Occ.Trav Cervinia Sain Jacques
Spitzhornli
Col de la Lavey
Col de Aiguille
Basodino
Traversata Galisia Basei
Traversata Tonini Punte Piatou
Mont Velan Cresta Ollomont
Punta Grober Diretta Nord Cresta NE
Monte Estellette
monte Flassin
Sella della Brignola
Grand Etret

Pian Ballaur
Tenibres
Colle di Tzanteleinatz
punta Calabre

Becca di Gay aprile 2007. Foto arch. Gian Maria Grassi
Cabane de Vignettes aprile 2003. Foto arch. Gian Maria Grassi
Discesa dalla Becca D’Oren. Foto arch. Gian Maria Grassi
Cabane de Vignettes aprile 2003. Foto arch. Gian Maria Grassi
Roche Faurio. Foto arch. Gian Maria Grassi
Oberland. Foto arch. Gian Maria Grassi
Oberland. Foto arch. Gian Maria Grassi
Oberland. Foto arch. Gian Maria Grassi
Oberland. Foto arch. Gian Maria Grassi
Oberland. Foto arch. Gian Maria Grassi
Controllo remoto. Foto arch. Gian Maria Grassi