di Marco Bongiovanni
Era l’una di notte quando la sveglia ha suonato, anche se per me era solo l’ennesima nottata passata in dormiveglia sul letto di un rifugio nel disperato tentativo di prender sonno per qualche ora. Come tutte le volte mi domando chi me lo ha fatto fare, già, eppure sono sempre qua…
La colazione si manda giù un po’ a fatica. Del resto erano passate solo poche ore dalla cena, ma la giornata che ci stava per dare il buongiorno richiedeva una buona dose di energie da mettere in pancia.
Fuori della porta del rifugio era tutto imbiancato da una spolverata tardiva caduta tra la sera e quella stessa notte, ed il cielo ancora non si mostrava dei più promettenti. Mi ricordo ancora quella settimana passata a controllare e ricontrollare in maniera ossessiva le previsioni meteo, affinché fosse effettivamente realistica quello spiraglio di tempo apparentemente stabile previsto sul confine per quel weekend di inizio giugno.
Il cielo aveva un aspetto cupo quella notte e non ci permetteva di godere della vista di una tanto sospirata stellata, come quelle che si spera di vedere tutte le volte che si esce dalla porta di un rifugio nel bel mezzo di un ghiacciaio, nel cuore della notte.
Iniziamo a passo lento e regolare la nostra salita, sci ai piedi, accompagnati dai lumi delle nostre frontali. Intorno a noi appaiono in continuazione le ombre inconfondibili di grossi crepacci, ed ancora oltre la portata delle frontali si scorgono chiaramente le sagome dei seracchi che disegnano i limiti di quel po’ di orizzonte che la montagna ci concede.
Le prime luci dell’alba ci consegnano, purtroppo, ad un’atmosfera tutt’altro che poetica: fatta non di quei caratteristici colori caldi che incendiano un po’ alla volta le bianche pareti, bensì di un deludente bianco lattiginoso nel quale la vista scompare del tutto a pochi metri da noi. Sono ormai diverse ore che le nostre pelli strisciano sulla neve fresca della sera precedente, e salendo di quota quella spolverata diventa anche ben di più di una semplice spolverata. Anche la temperatura non era così accogliente, accentuata in negativo da un’umidità che non lasciava passare il calore del sole.
Erano ormai passate da un po’ le sei, quando finalmente di fronte a noi appare l’inconfondibile sagoma sbiadita di un ricovero dall’aspetto metallico. Un po’ intirizziti ci dirigiamo alla porta della costruzione, alla ricerca di un po’ di riparo da quell’atmosfera lattescente che quasi faceva male allo sguardo.
Chi di noi faceva uno spuntino per ricaricare le batterie, chi beveva tè caldo dal thermos per riprendere qualche grado, e chi invece si scaldava arrotolandosi intorno le coperte del bivacco. I minuti passavano, e le nostre speranze in un’apertura significativa che ci permettesse di continuare la salita in sicurezza stavano ormai dissolvendosi. Tra un’uscita e l’altra dalla porta a controllare l’evoluzione del meteo, era sempre il bianco latte a far da padrone.
Ad un certo punto, però, la nostra pazienza viene premiata! La luce diffusa aumenta inaspettatamente, ed un tenue colore azzurro prende il posto di quell’atmosfera torbida. La sagoma sbiadita della nostra meta e della strada che ancora ci aspetta prendono improvvisamente forma ed intorno a noi, ad un tratto, tutto assume forme e colori che ci ricaricano e riempono di gioia.
“E’ fatta!”, ci diciamo tra di noi soltanto con gli sguardi. Ripartiamo alla volta della lunga cresta che ci separa dalla vetta, ma questa volta con lo sguardo fisso lassù! La Capanna Vallot si fa minuscola alle nostre spalle, poi la petite Bosse, poi la grand Bosse, e poi un ultimo tratto più ripido che ci sega il fiato, ma oggi i 4810m del Monte Bianco sono tutti per la Scuola Sucai! Alle nostre spalle un mare di nubi immenso si estende a perdita d’occhio. Come isole di un arcipelago, solo le punte più alte si concedono ai nostri sguardi. Dopo ben 36 anni dall’ultima volta, la Scuola Sucai, con il suo corso SA3, ritorna sul tetto d’Europa! Un sentito ringraziamento va a tutti, istruttori ed allievi, che si sono dati disponibili per questa salita dal grande valore simbolico.
Non potevo non cominciare a raccontare della Sucai di questi anni senza questo aneddoto, che per certi versi la caratterizza, e che ha rappresentato per me un momento importante.
Erano passati ormai 64 anni da quel 1951 che diede vita alla nostra scuola e per me, pur non essendo un veterano di lunga data, erano trascorsi già 13 anni di “esperienza” in SUCAI: dal 2002 come allievo e dal 2006 come istruttore sezionale. Anni, questi, durante i quali ho potuto stringere amicizie, anche profonde, con allievi ed istruttori a me molto simili perché legati da questo comune ed affascinante slancio verso la montagna invernale e da un forte legame con la scuola e la sua direzione di quegli anni.
Negli anni compresi dal 2015 ad oggi la Sucai ha mantenuto fede ai “grandi numeri” come da tradizione, sia per quanto riguarda gli allievi che ogni anno si presentano alle iscrizioni, sia per il numero dei suoi istruttori; grazie a loro è stato possibile fare sempre fronte alla cospicua richiesta.
Tuttavia, in questi ultimi anni si è assistito ad un discreto numero di cambiamenti, che hanno concorso a caratterizzare questo periodo.
Il primo e forse più sostanziale di questi cambiamenti si è proprio visto negli stessi allievi. Infatti, gli istruttori abituati da sempre a gestire persone con grande variabilità in quanto ad abilità sugli assi (a partire da chi “perde quota”, passando per chi “scende”, per arrivare a chi “scia” veramente), e più o meno performanti in quanto a resistenza fisica, oggi si trovano invece in uno scenario molto diverso! Forse anche grazie all’attrezzatura che concorre ad agevolare questa pratica sportiva, oggi l’allievo “medio” sa sciare ad un livello molto più alto rispetto al passato, e sono sempre di più quelli che già possiedono una sciata che rasenta la perfezione. Anche la resistenza fisica media è aumentata, data la diffusione di pratiche outdoor come la corsa e la bici come mezzi per allenarsi. In seguito a queste constatazioni, è ormai dal 2019 che la famigerata “prova su pista” è stata abolita e sostituita dalla “gita di prova”, allo scopo di permettere ai neofiti di misurarsi direttamente sul terreno vergine sin dalla prima volta.
Un altro tema che in scuola ha preso una direzione differente in questi ultimi anni riguarda la “poliedricità”, ovvero la frequentazione della montagna ad ampio spettro e non più limitata alla sola pratica dello sci alpinismo. Infatti, sono sempre di più gli allievi che si cimentano in diverse discipline legate alla montagna: dall’arrampicata, all’alpinismo, alle cascate di ghiaccio, generalmente indotte dall’offerta di corsi CAI, per i quali la Sezione di Torino è sempre stata terreno fertile. In questi anni la scuola ha promosso questo orientamento, cercando di incentivare i propri allievi istruttori ad una frequentazione della montagna a 360 gradi. Questo nell’ottica di coltivare un bagaglio tecnico adeguato al conseguimento dei titoli CAI e garantire così una continuità alla scuola stessa.
In questi ultimi anni si è molto parlato anche di sicurezza e prevenzione, principalmente grazie al progresso tecnologico degli apparecchi da ricerca in valanga (ARTVA), che nelle loro ultime versioni risultano essere estremamente semplici da utilizzare e performanti. Proprio per questo motivo, in questi ultimi anni il CAI ha spostato l’attenzione dallo strumento di ricerca alle procedure di disseppellimento; tutti concetti che sono permeati in scuola e sono tutt’ora oggetto di pratica dei nostri allievi. Anche il tema della responsabilità degli istruttori e delle scuole in generale è sempre più oggetto di confronto e sensibilizzazione.
La Scuola ha fatto tutto il possibile per mantenere attivi i corsi anche nel 2021, nonostante le restrizioni dovute alla pandemia. Il 69° anno è stato interrotto forzatamente dopo pochissime uscite a causa dell’incalzare delle restrizioni sanitarie, ma un vero e proprio slalom tra i “colori” delle regioni ci ha permesso invece di portare a casa un onoratissimo 70° anno di corso! Grazie ad un’ottima dose di caparbietà, la scuola non si è sottratta ad interruzioni e riprese nel corso del 2021, pur sottostando alle numerose limitazioni del momento.
Mentre sono qui che scrivo le preiscrizioni per il corso 2022 sono già al completo. Un grande ringraziamento va a tutti gli istruttori che con la loro professionalità e dedizione rendono la scuola un ambiente esigente, formativo ed al tempo stesso accogliente. Un ringraziamento altrettanto significativo va anche agli allievi che con la loro grinta gratificano l’operato della scuola e con il loro passaparola rendono i ritorni in pullman sempre ricchi di goliardia.